Ora lo certifica anche laBanca d’Italia: gli utenti che negli ultimi anni sono rimasti fedeli alla propria banca hanno pagatocosti più alti, perché la concorrenza, l’apertura di nuove tipologie di conti e l’operatività online hanno ridotto in generale lespese dei conti correnti. Insomma, in ambito finanziario la fedeltà non ha ripagato.
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Un’indagine completa
A fare il punto sul settore è stato, come detto, un report diPalazzo Koch, che ha messo sotto la lente di ingrandimento 13.200 conti correnti che sono stati attivati dalle famiglie italiane, coinvolgendo 668 sportelli di 180istituti di credito(compresa Poste italiane e i suoi servizi BancoPosta) e con un approfondimento specifico dedicato allespese di gestione dei conti correnti, offrendo dunque interessanti spunti e importanti novità.
Calano i costi
In complesso, nel periodo preso in esame, ovvero tra il 2010 e il 2015, gliesperti di Bankitaliahanno verificato che la spesa media digestione di un conto correnteè diminuita mediamente del 3,4%, passando dagli 85 euro necessari sette anni fa ai 77 euro di fine 2015. Una contrazione che si è riscontrata sia nella diminuzione degli oneri fissi che in quella legata ai costi variabili, anche a fronte di unaumento delle operazioni medie della clientela, che nello stesso periodo sono passate da 126 a 144 all’anno.
Il Web costringe a cambiare
L’indagine di Bankitalia segnala anche, come possibile fattore di questa riduzione dei costi, la sempre crescente diffusione dei servizi digitali di “home banking” e delle filiali “self automatiche”, che secondo i tecnici sono destinati a svilupparsi sempre di più nei prossimi anni. Merito, dunque, di operatori comeIng Direct, uno dei colossi del mondo bancario europeo, che sin dal suo esordio in Italia ha rivoluzionato il mercato e convinto i clienti grazie ad affidabilità e vantaggi dei suoi prodotti, come ilconto correnteArancio, costringendo glioperatori tradizionalia correre ai ripari.
In calo oneri fissi e variabili
Un meccanismo che sembra aver apportato benefici ai consumatori comuni, in particolare per lacontrazionelegata agli oneri fissi (che, secondo i calcoli, costituiscono circa i due terzi dellaspesa complessiva di gestione) e in parte anche a quello degli oneri variabili, in modo particolare per le operazioni di scrittura e ai prelievi di contante.
Le offerte per i conti più nuovi
Tornando al discorso dellafedeltà, c’è un ulteriore dato che spiega come negli ultimi anni la scelta migliore sarebbe statacambiare operatore: nel periodo di osservazione, le spese di gestione per i contratti aperti da meno di un anno sono diminuite del 7,6% annuo, mentre quelle deiconti aperti da più di 10 annisi sono ridotte solo dell’1,9% annuo, quota molto più contenuta. A parità di condizioni offerte al cliente, i divari comunque si riducono: per i conti accesi da non più di un anno iltasso di diminuzioneannua raggiunge il 4,3%, mentre tocca il 2,8% per i conti con età media superiore a 10 anni.
Conviene cambiare?
Un conto giovane, dunque, risulta più favorevole ed economico per ilcliente: secondo Bankitalia, più recente è la data di accensione del conto, minore èl’importo della spesa. In termini concreti, sempre prendendo come riferimento il 2015, un utente avrebbe pagato 49 euro di spese di gestione di un conto aperto da non più di un anno, mentre per un servizio più che decennale sarebbero serviti ben 93 euro. I ricercatori diPalazzo Kochspiegano che questa differenza così ampia è dovuta in parte dalla diversa composizione dei servizi usati nelle dueclassi di conti, mentre dall’altra parte ci sono le politiche commerciali degli operatori, aperti a formulareofferte più vantaggiosequando si trovano a trattare con nuova clientela.