Le opzioni, chiamate anche “options”, sono contratti derivati che assegnano al possessore la facoltà, ma non l’obbligo, di acquistare o vendere un titolo sottostante a una certa data e a un dato prezzo (“strike price”), dietro il pagamento di un premio. Se il contratto prevede la facoltà di acquistare, si chiama “call option”, se prevede la facoltà di vendere, “put option”. Due sono essenzialmente le finalità di questi contratti: di protezione dai rischi o “hedging” e speculative. Nel primo caso, serve a riparare l’investitore dal rischio di subire perdite, in relazione a un’operazione che abbia come sottostante il tipo di investimento effettuato. Nel secondo caso, invece, si punta semplicemente a un guadagno, scommettendo sulla direzione dei prezzi del sottostante. Se il premio consente di acquistare o vendere solo a una certa data, il contratto è di tipo europeo, mentre se l’acquisto e la vendita sono consentiti entro una certa data, siamo dinnanzi a un contratto di tipo americano.
Vi proponiamo adesso un esempio per capire meglio come funziona un contratto di opzione, partendo dal tipo “call”. Immaginiamo che un’impresa italiana abbia acquistato una partita di merce americana con pagamento a 90 giorni e che voglia, quindi, proteggersi dal rischio cambio, ovvero intende evitare di ritrovarsi da qui a 3 mesi a pagare l’acquisto a un tasso di cambio tra euro e dollaro più sfavorevole. Supponendo che la compravendita sia stata pattuita per 100.000 dollari, l’impresa si protegge ricorrendo al mercato dei derivati per un valore nozionale della stessa entità, pagando un premio, per ipotesi, pari a 500 euro e con cui ottiene la facoltà di esercitare l’opzione a un cambio euro-dollaro di 1,15. In sostanza, l’impresa teme che il dollaro si rafforzi sotto tale soglia entro la data di regolamento della transazione, per cui si mostra disposta a pagare un premio dello 0,5% (500 / 100.000) per annullare tale rischio.
Allo scadere dei 90 giorni, possono verificarsi diverse situazioni. La prima, che il cambio euro-dollaro risulti sceso a un tasso inferiore a 1,15, per cui l’investitore esercita l’opzione e acquista così i 100.000 dollari a un tasso di cambio meno sfavorevole di quello al momento vigente sul mercato valutario. Può accadere, invece, che il cambio euro-dollaro vada in tutt’altra direzione, ovvero che alla data convenuta risulti più favorevole di quello concordato con il contratto di opzione. Va da sé che in questo caso l’investitore non troverà conveniente esercitare l’opzione, visto che altrimenti acquisterebbe i 100.000 dollari a un tasso penalizzante.
Comunque vada, il premio versato non sarà restituito, per cui esso, assieme alle commissioni dovute all’intermediario, va calcolato come il costo dell’operazione di “hedging” o speculativa. In definitiva, chi sottoscrive una call option scommette che il prezzo o tasso concordato risulti più basso di quello vigente sul mercato alla scadenza del contratto. Viceversa, l’altra parte scommette sull’esatto contrario, ovvero che il prezzo concordato risulti superiore a quello che vigerà sul mercato alla scadenza. Nell’esempio sopra proposto, infatti, l’investitore pagherà meno euro contro dollari, se il tasso di cambio di 1,15 risultasse superiore a quello vigente, mentre se la scommessa andasse persa, dovrebbe pagarne di più, ragione per la quale non eserciterebbe l’opzione.
Per queste caratteristiche, le opzioni call e put sono anche monitorate dal mercato per capire quali siano le aspettative degli operatori riguardo al prezzo di un asset. E’ normale, quindi, che se tutti prevedessero un rafforzamento del dollaro contro l’euro, proteggersi contro tale rischio diverrebbe più costoso per gli acquirenti di una opzione call, ovvero il premio salirebbe di prezzo e con esso si ridurrebbe la convenienza a siglare questo tipo di contratti, anche perché l’altro lato del mercato – gli acquirenti di una opzione put – si mostrerebbero più riottosi a stipulare simili accordi, trovando elevato il rischio di subire perdite.
L’operazione infliggerà perdite, quando il valore del premio versato supera il beneficio della stipulazione del contratto, ovvero quando l’investitore non trova conveniente esercitare l’opzione. Il beneficio è dato, invece, dal minore prezzo spuntato dagli acquirenti di una call option (maggiore prezzo per quelli di una put option) rispetto alle condizioni vigenti alla scadenza sul mercato, detratto sempre il valore del premio.