Non esiste una definizione legale di paradiso fiscale. Tuttavia, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), ritiene che ci sono quattro criteri per definirli: sono paesi che non hanno nessuna tassa o solo tasse nominali, mancanza di trasparenza, normativa che impedisce lo scambio di informazioni con le altre giurisdizioni e, infine, tolleranza verso società di comodo con attività fittizie.
Ma è davvero sempre così? Oggi con la incombente crisi molti imprenditori e persone che vogliono tutelare i loro capitali hanno fatto ricorso a banche estere in paradisi fiscali per aprire li i conti correnti e anche società offshore senza per questo svolgere per forza delle attività illecite.
Infatti depositare il proprio denaro in un paradiso fiscale aiuta a preservare i capitali da rischi di default delle banche e aprire società offshore permette di potere lavorare in luoghi con bassa o nulla pressione fiscale sulle proprie attività aziendali dando così modo a queste di svilupparsi al meglio.
Principalmente a questi luoghi sono interessati gli hedge fund, le grandi aziende che installano le loro sedi controllate (ad esempio, Google ha sede alle Bermuda) e ricchi individui. Il motivo è quello di sfuggire a tasse più alte nel loro paese d’origine. In Francia, ad esempio nel mese di aprile 2009, poco dopo il caso HSBC, si è istituita una “cellula di regolarizzazione” per gli evasori fiscali che ha permesso di rimpatriare 7,3 miliardi , con un utile stimato per l’imposta a 1,3 miliardi di euro.
Secondo il Fondo monetario internazionale, il 50% delle transazioni internazionali scorre attraverso i paradisi fiscali. Queste banche sembra che ospitino due terzi dei fondi hedge e 2 milioni di società.
L ‘ “etichetta” paradiso fiscale non è ufficiale. L’ OCSE ha suddivisi fondamentalmente i paradisi fiscali in tre liste. Nera, per gli stati che non cooperano. Grigia per gli Stati che hanno promesso di conformarsi alle nuove regole internazionali sulla trasparenza fiscale senza applicarle effettivamente, infine bianca di cui fanno parte gli Stati o territori che hanno fatto uno sforzo reale e le cui regole rispettano gli standard internazionali OCSE.